La frode nel marketing digitale

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Gli investimenti degli inserzionisti nella pubblicità digitale continuano a crescere. Nel 2018 erano 2,8 miliardi di euro in Italia (fonte IAB) mentre, in tutto il mondo, questa cifra è stimata in circa 260 miliardi di euro (fonte eMarketer).

Man mano che crescono gli investimenti, diventano più complessi anche i percorsi che questi seguono. Le catene di intermediazione si stanno allungando, i fornitori tecnici si stanno moltiplicando. La distanza tra editori e produttori di contenuti continua a crescere, a discapito della reale tracciabilità delle somme coinvolte. Gli inserzionisti si preoccupano, abbastanza legittimamente, delle performance e del ritorno sugli investimenti e, a questo proposito, la pubblicità su Internet cerca di fornire le prove e la quantificazione della sua efficacia (seppur gli inserzionisti corrano il rischio di utilizzare l’indicatore sbagliato scambiando così lucciole per lanterne!). Dimensione del mercato, complessità delle strutture, ossessione per i risultati: in questo immenso crogiolo globale di pubblicità digitale, tutti gli ingredienti sono lì per far crescere le frodi su larga scala in un gioco senza confini.

Già un gran numero di inserzionisti è diventato consapevole della necessità di armarsi contro la frode digitale, ma è difficile star dietro alla molteplicità delle forme che può assumere! Nel 2016 l’UDA ha partecipato allo sviluppo della guida “Compendium of ad fraud knowledge for media investors” pubblicata dalla WFA (World Federation of Advertisers) che ha redatto un primo censimento delle frodi e ha persino stimato che entro il 2025, potrebbero rappresentare tra il 10 e il 30% del mercato totale della pubblicità digitale. Gestita da hackers e persino da coloro che la WFA non esita a chiamare crimine organizzato, la frode digitale va davvero oltre le sfide del mercato pubblicitario.

Posiamo la prima pietra…

La frode è propria dell’uomo! È infatti presente in tutte le attività umane. Lo sport, la politica, il gioco d’azzardo, la finanza, il mondo degli affari etc.

Ovunque ci siano regole e potenziali guadagni, ci sono persone o organizzazioni che cercano di eludere queste regole a loro vantaggio per prendersi una parte dei guadagni.

Se imbrogliare, non è giocare, frodare equivale spesso a vincere!

Dovremmo quindi essere sorpresi che il digitale, un universo in crescita, che attira sempre più inserzionisti e investimenti, sia anch’esso vittima di truffatori? Certo che no.

La frode è il rovescio della medaglia del successo!

Sembra anche importante ricordare che il contesto generale del mondo degli affari non è privo di influenza sulle frodi. La cultura del risultato (a scapito dell’analisi dei mezzi), la pressione permanente per abbassare i prezzi, la disumanizzazione delle relazioni, etc. sono tutti incentivi che incoraggiano la frode. Chiaramente, nessun settore è riuscito a eliminare completamente e permanentemente le frodi. Non appena si chiude una falla, un’altra se ne apre. E così succederà anche nel digitale.

La frode pubblicitaria digitale pare essere oggi l’attività illegale più redditizia al mondo dopo la droga.

Quando si parla di frode digitale, la reazione unanime è quella di pensare ai problemi di sicurezza informatica e contraffazione dei dati personali e finanziari.

Esiste tuttavia una frode digitale meno nota, ma il cui impatto finanziario è molto più elevato: la frode nella pubblicità digitale.

La World Federation of Advertisers stima che l’impatto potrebbe essere compreso tra il 30 e il 40 percento degli investimenti globali nei media digitali nel 2025, una somma pari a circa 150 miliardi di dollari.

Senza aspettare il 2025, White Ops, una società americana di sicurezza informatica specializzata nella lotta alle frodi pubblicitarie, ha rivelato a dicembre 2016 l’esistenza di un vasto sistema di frode organizzato da hacker russi. Creando siti falsi, alimentati da un falso traffico, la rete Methbot generava fino a cinque milioni di dollari al giorno.

Concretamente, la truffa funzionava nel modo seguente:

La rete Methbot aveva preso il controllo di oltre 500 milioni di indirizzi IP. A ciascuno di questi indirizzi gli hacker avevano assegnato dei bot, dei programmi progettati per imitare le abitudini di navigazione di un essere umano (avvio video, caricamento della pagina).

In parallelo alcuni operatori russi si sono fatti passare per 6000 siti leader: media come CNN e Fox News, social network come Facebook e siti di marchi come Pokémon.

Gli inserzionisti sono stati quindi indotti ad acquistare spazi su questi siti tramite scambi di annunci con CPM elevati compresi tra 3 e 37 dollari. Alcuni inserzionisti hanno capito e stanno prendendo provvedimenti per affrontare l’impatto finanziario della frode digitale.

In tema di frode, si aggiungono, alle cifre fornite dalla stampa, i temi di trasparenza e misurazione.

Procter&Gamble, primo inserzionista a livello mondiale, ha chiesto a tutte le sue agenzie, nel febbraio del 2017, di fare uno sforzo di trasparenza su tutti gli inganni che falsano i numeri della pubblicità online. P&G ha annunciato 5 misure per lottare contro l’opacità inclusa l’adozione di un unico standard sulla visibilità sviluppato dal Media Rating Council e l’utilizzo della certificazione Trustworthy Accountability Group per prevenire le pratiche dannose e/o illegali.

Per accedere al contenuto completo, scarica gratuitamente il libro bianco: La Frode: il lato oscuro del Marketing Digitale

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