Frode: vendere un targeting fittizio

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Il targeting permette di concentrare gli investimenti pubblicatori per raggiungere un target ben preciso.

Il targeting può essere geografico, comportamentale, contestuale o sociodemografico.

A volte questi targeting non sono rispettati, volontariamente o meno, dai partner media (agenzie, centri media, trading desk, editori, fornitori 3rd party data, …). Si parla in questo caso di alterazione del targeting.

Ecco qualche esempio:

La frode al targeting di segmenti di utenti

Facciamo un esempio: l’inserzionista desidera, per la sua campagna, rivolgersi a un pubblico molto specifico (ad esempio: donne con alto potere d’acquisto che intendono comprare un paio di scarpe). Il partner fa credere all’inserzionista di preparare un targeting su persone in base a criteri socio-demografici o a intenzioni. In realtà, la campagna viene trasmessa su siti senza alcun targeting.

Per l’inserzionista, ciò implica una spesa per i media che non corrisponde al suo brief iniziale, che può influire sul rendimento della sua campagna. Cosa motiva questa frode?       

Per il media buyer: giustifica un elevato CPM grazie al targeting di dati di terze parti qualificati ma in realtà non li utilizza, acquistando quindi spazi pubblicitari molto più economici e aumentando artificialmente il suo margine. Per il fornitore di dati: questo gli consente di aumentare fittiziamente il prezzo e la dimensione dei suoi segmenti

La frode in diffusione

Il partner si impegna nei confronti dell’inserzionista a distribuire la campagna su un elenco definito di siti. In realtà, al fine di ridurre i costi di acquisto, il partner distribuisce i banner su un elenco più ampio di siti e / o diversi dall’elenco predefinito. Tutto ciò correndo il rischio che i banner siano visibili su siti che non sono in linea con il target, o addirittura potenzialmente dannosi per il marchio in termini di immagine.

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La frode nel marketing digitale

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